“L’osteopatia è un sistema affermato e riconosciuto di prevenzione sanitaria, che si basa sul contatto manuale per la diagnosi e per il trattamento. Rispetta la relazione tra il corpo, la mente e lo spirito, sia in salute che in malattia; pone l’enfasi sull’integrità strutturale e funzionale del corpo e sulla sua tendenza intrinseca ad auto-curarsi. Il trattamento manipolativo osteopatico viene visto come influenza facilitante per incoraggiare questo processo di auto-regolazione. L’osteopata professionista, a tal fine, utilizza una grande varietà di tecniche manuali per migliorare la fisiologica funzione e/o il supporto omeostatico dell’organismo che è stato alterato dalla disfunzione somatica. La disfunzione somatica è una funzione alterata o indebolita delle componenti interconnesse del sistema somatico: scheletro, articolazioni, strutture miofasciali e degli elementi vascolari, linfatici, viscerali e nervosi ad esse relazionati”.
Organizzazione Mondiale della Sanità; Glossario Osteopatico (ECOP-AACOM)..
Questo primo principio definisce la persona come unità funzionale dinamica, coordinata e integrata, attraverso le funzioni interdipendenti dei sistemi anatomico, fisiologico e psicologico. Da un punto di vista anatomico, tutte le strutture corporee sono rese contigue e meccanicamente relazionate dal tessuto connettivo. Da un punto di vista fisiologico, la sinergia delle funzioni è facilitata dai sistemi nervoso e circolatorio, vie di comunicazione, controllo e scambio tra i vari apparati. Da un punto di vista psicologico, sappiamo che diversi sistemi dell’organismo come quello endocrino, immunitario e muscolo-scheletrico reagiscono a stimoli emotivo-comportamentali. Questi tre macrosistemi lavorano costantemente in modo sinergico e coordinato a ogni livello; il paziente come persona, per essere inquadrato nel modo corretto, deve essere visto sotto quest’ottica. “La persona è molto più che corpo e mente, nella stessa misura in cui l’acqua è molto di più che l’unione di ossigeno e idrogeno”. I.M. Korr Ph.D.
“Vix medicatrix naturae” ovvero il potere curativo della natura. Questo principio sottolinea l’innata capacità del corpo di regolare, proteggere, rigenerare e recuperare la salute nella massima economia possibile. Questi processi sono tanto più efficienti, quanto più la condizione della persona è buona. A tal proposito l’osteopata incoraggia tali capacità innate, eliminando i fattori negativi strutturali che sono modificabili e permettendo alla persona di sfruttare questi meccanismi per il proprio equilibrio e benessere.
Secondo questo principio, ogni parte del corpo è stata creata e/o si è sviluppata al fine di ottimizzare al meglio la propria funzione; tale funzione, per esprimersi al meglio, necessita però di una perfetta integrità strutturale. Se ciò non dov’esse accadere si andrebbe in contro a compensi, adattamenti o, peggio, alla malattia. Nella professione osteopatica si interviene quindi con il trattamento della disfunzione somatica (struttura), cioè delle componenti muscolo-scheletriche e degli elementi ad esse relazionati, al fine di mantenere, aumentare o ristabilire la corretta funzione dell’organismo.
Quest’ultimo principio sottolinea come, una corretta terapia, mirata ad ottimizzare la funzione del paziente e/o a ristabilire lo stato di salute in caso di malattia, passi attraverso l’intima comprensione e applicazione dei primi tre principi. Per questo motivo l’Osteopata professionista procede con un’azione d’indagine, valutazione, pianificazione e intervento sul problema, ricercando un’intima ed efficace collaborazione con il paziente. La partecipazione attiva di quest’ultimo è infatti fondamentale per raggiungere l’obiettivo terapeutico.
I Principi Osteopatici riconoscono cinque funzioni fondamentali del corpo, integrate e coordinate; queste funzioni raccolgono al loro interno tutti gli aspetti essenziali di una persona, rappresentando di fatto l’individuo secondo il primo principio di unità funzionale. Al fine terapeutico e di inquadramento di un paziente, queste funzioni primarie vengono presentante come i “5 modelli” e sono:
Osservando una persona attraverso un prisma, l’immagine del soggetto risulta scomposta in diverse figure e appare secondo diverse prospettive. Lo scopo dei 5 modelli è il medesimo: permettere all’Osteopata di avere una visione scomposta ma dettagliata del caso e individuare i principali eventi/fattori che condizionano maggiormente la salute del paziente. Gli aspetti più rilevanti vengono quindi integrati tra i vari sistemi o modelli, in modo da ottenere un’unica, più completa, prospettiva della persona, ritornando al concetto di unità. Soltanto a questo punto l’Osteopata riesce a definire se il suo approccio può essere un valido strumento terapeutico e a scegliere il piano di trattamento migliore, evidenziando eventuali controindicazioni e possibili collaborazioni con altri specialisti.
All’interno del modello multiplo il sistema muscolo-scheletrico è il punto d’unione tra i vari elementi: ogni nostra azione o comportamento è infatti possibile primariamente grazie ad esso. Per questo tale sistema viene sfruttato dall’Osteopata, attraverso una terapia esclusivamente manuale, come punto d’ingresso naturale per influenzare il resto dell’organismo alla ricerca di un nuovo benessere ed equilibrio.
I principali approcci osteopatici sono:
La storia dell’Osteopatia è strettamente legata, nelle sue fasi iniziali, a Andrew Tailor Still, medico chirurgo statunitense con profonde credenze religiose, nato il 6 agosto 1828 in Virginia (USA). A seguito di una serie di tragiche esperienze familiari, perse fiducia nella medicina tradizionale e iniziò a cercare un metodo di cura alternativo non basato sull’utilizzo di farmaci o altre terapie allopatiche. Studiando in modo approfondito l’anatomia e le relazioni fra le varie componenti del corpo umano, arrivò a formulare la teoria che sta alla base dell’osteopatia: la correzione di disfunzioni strutturali, favorendo una libera circolazione sanguigna (fluidi) e una corretta attività nervosa, riconduce l’organismo alla salute. Tra il 1870 e 1880 si colloca quindi la nascita dell’osteopatia (“òsteon” osso e “pathos” sofferenza), metodo di cura basato sul contatto manuale con l’obiettivo di stimolare l’organismo alla sua innata capacità di autoguarigione e autoregolazione. Durante quegli anni Still esercitò la professione come nomade, incontrando diverse difficoltà opposte dalla comunità medica del tempo. Tuttavia intorno al 1890, sommerso dalle richieste di cura, si stabilizzò a Kirksville nel Missouri, dove dopo poco tempo fondò la prima scuola di osteopatia, l’American School of Osteopathy (ASO). Il Vecchio Dottore, come era solito farsi chiamare, mosso da grande passione e curiosità, continuò per tutta la vita a scoprire principi del corpo umano e gettare nuove basi per la professione osteopatica. Il suo lavoro si divise tra pratica, insegnamento e ricerca fino alla sua morte, avvenuta il 12 dicembre 1917. L’Osteopatia arrivò in Europa intorno al XX secolo grazie a un allievo di Still, il Dottor J.M. Littlejhon, il quale fondò la British School of Osteopathy (BSO) nel 1913. Littlejhon continuò con grande dedizione e interesse a studiare il corpo umano e i suoi principi fisiologici, contribuendo enormemente allo sviluppo e alla diffusione dell’osteopatia nel vecchio continente. In Italia l’osteopatia venne introdotta negli anni ’80, a partire dalla scuola francese con Alain Bernard e in seguito Eddy Deforest (direttore della neonata Associazione Italiana di Osteopatia- AIO). Nell’AIO figuravano anche alcuni professionisti italiani come D’Antonio, Castagna, Odorisio e Del Cane, che nel 1990 furono tra i primi osteopati diplomati (D.O.) in Italia all’Istituto Italiano di Osteopatia di Milano. Tra le illustri collaborazioni ai corsi di formazione si ricordano F. Peyralade, D. Le Floch, R. Brien, P. Tricot, R. Caporossi e C. Standen. Nel 1989 venne fondato il Registro degli Osteopati d’Italia (ROI), che attualmente definisce gli standard formativi e il profilo scientifico e professionale degli osteopati italiani, in linea con le indicazione europee.